Divorzio nelle unioni civili: chi paga le imposte sui trasferimenti immobiliari?

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Divorzio nelle unioni civili: chi paga le imposte sui trasferimenti immobiliari?

Le unioni civili presuppongono diversi diritti essendo un legame fondato su vincoli affettivi ed economici. In base a questi l’ordinamento giuridico riconosce uno status simile a quello del matrimonio. In questo caso i due soggetti uniti civilmente chiedevano se fosse applicabile il beneficio fiscale previsto dall’art.19 della legge 74 del 1987, ovvero l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, per le operazioni di compravendita di beni immobili, funzionalmente collegati agli accordi di divorzio dell’unione civile.

1.    Fine dell’unione civile: una situazione tipo 

2.    La richiesta all’Agenzia delle Entrate

2.1 Gli argomenti a sostegno della richiesta

3.    La risposta dell’Agenzia delle Entrate

4.     La risoluzione

1.    Fine dell’unione civile: una situazione tipo:

Due soggetti uniti civilmente hanno deciso di sciogliere il loro vincolo dopo diversi anni di convivenza e di unione.

La loro situazione economico patrimoniale non era complessa: esclusa la necessità di un assegno di mantenimento a favore di una delle parti e a carico dell’altra, perché le rispettive situazioni lavorative e reddituali non lo imponevano, rimaneva da regolamentare la parte patrimoniale.

Nel corso della convivenza le parti avevano acquistato un appartamento, loro abitazione. Una parte aveva intestato il 65% della proprietà, l’altra parte il 35%.

Durante l’unione, una delle parti aveva acquistato la proprietà di un fondo-laboratorio, concedendolo in uso però all’altra parte dell’unione.

2.    La richiesta all’Agenzia delle Entrate:

In sede di regolamentazione economica dello scioglimento, i due interessati hanno concordato, che la quota del 35% di proprietà dell’abitazione sia ceduta al detentore dell’altra quota, mentre quest’ultimo si impegna a cedere all’altro l’intera proprietà del fondo artigianale già in suo uso.

La normativa fiscale vigente non prevedeva niente riguardo alle unioni civili a differenza dello scioglimento del matrimonio, che esenziona da ogni imposta i trasferimenti di beni immobili funzionalmente collegati alla soluzione della crisi sotto il profilo economico. Questo evidentemente per favorire gli accordi, piuttosto che la conflittualità. Gli interessati hanno chiesto alla Direzione dell’Agenzia delle Entrate di Firenze di conoscere il suo parere sulla questione:

Se sia applicabile nella fattispecie il beneficio fiscale previsto dall’art.19 della legge 74 del 1987, vale a dire l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, per le operazioni di compravendita di beni immobili che siano funzionalmente collegati agli accordi di scioglimento dell’unione civile.

2.1 Gli argomenti a sostegno della richiesta:

In questa direzione erano di sostegno, a mio parere, i seguenti argomenti:

2.1.1 Art. 6, comma, decreto legge n. 132/2014

Ai sensi dell’art. 6, comma 3, del decreto legge n. 132/2014, l’accordo raggiunto a seguito della convenzione di negoziazione assistita dai legali, produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al primo comma, i procedimenti di separazione personale dei coniugi, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del medesimo e di modifica delle condizioni di separazione e divorzio.

2.1.2 Esenzione all’art.19 della legge n.74/1987 

Data la parificazione di cui sopra, deve ritenersi applicabile anche all’accordo negoziato l’esenzione di cui all’art. 19 della legge n. 74/1987, dove emerga dal suo contenuto che le disposizioni patrimoniali contenute in esso siano funzionali e indispensabili ai fini della risoluzione della crisi coniugale (Vedi Risoluzione AF n. 65/E del 16 luglio 2015)

2.1.3 Comma 20 dell’art. 1 della legge 76/2016

La legge Cirinnà non ha previsto alcuna disciplina specifica sotto il profilo fiscale, per cui allo stato occorre interpretare la situazione concreta in via analogica. A questo proposito occorre tenere in considerazione come il comma 20 dell’art. 1 della legge 76/2016 stabilisca la piena equiparazione dell’unione civile al matrimonio, e del coniuge alla parte dell’unione civile.

2.1.4 Le disposizioni in termini di matrimonio

Solo per assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.

2.1.5 Legge 4 maggio 1983 n.184

Inoltre, si precisa che questa previsione non si applica solo alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella legge nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983 n.184 (in materia di adozione).

2.1.6 La sovrapposizione dei concetti “coniuge” e “parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”

L’equiparazione o, rectius, la “sovrapposizione” dei concetti e dei lemmi “coniuge” e “coniugi”, da un lato, con quelli di “parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”, dall’altro, e ciò con riferimento a leggi, atti aventi di forza di legge, regolamenti, ecc.. appare, per così dire, “funzionale”. Essa opera con la finalità di rendere effettiva la tutela dei diritti ed assicurare l’adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra le parti della stessa.

2.1.7 Art. 19 della legge 6 marzo 1987 n. 74

Inoltre, in caso di scioglimento dell’unione civile la legge ‘Cirinnà’ al comma 25 ritiene applicabili molte delle disposizioni sullo scioglimento del matrimonio recate dalla legge 1° dicembre 1970 n. 898. Ora, stante il disposto dell’art. 19 della legge  6 marzo 1987 n. 74 che  stabilisce l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa  di ‘tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, questo regime esentativo dovrebbe trovare applicazione “de plano” anche a tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento delle unioni civili. 

Pertanto gli orientamenti più permissivi espressi dall’A.F., dalla dottrina  e dalla giurisprudenza in materia – sopra menzionati – dovrebbero agevolmente ritenersi estensibili anche alle unioni civili: diversamente opinando, si incorrerebbe in una grave vulnus al principio costituzionale e della normativa sovranazionale, quello di non discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali dei soggetti, e quello di uguaglianza sostanziale nel regolamentare situazioni di diritto del tutto analoghe e sovrapponibili.

3.    La risposta dell’Agenzia delle Entrate:

In risposta al quesito, l’Agenzia delle entrate di Firenze ha così provveduto:

Interpello: 911 – 401/2022

“L’interpretazione prospettata dai contribuenti risulta condivisibile.”

L’art. 19 della L. 74/1987 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) prevede che «Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa». Tale agevolazione è applicabile anche nell’ambito dei procedimenti di separazione, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 154/1999.
La L. 76/2016 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze – c.d. Legge Cirinnà) istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione e reca la disciplina delle convivenze di fatto. L’art. 1, comma 20 della citata legge stabilisce che «Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso». L’applicazione di tale disposizione è esclusa solo con riferimento alle norme del Codice civile (salvo quelle richiamate espressamente nella medesima legge) e alle disposizioni di cui alla L. 184/1983 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), fermo restando quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti.
Il chiaro dettato normativo di cui al citato art. 1, comma 20 della L. 76/2016, dunque, comporta la piena applicabilità anche a tale formazione sociale di tutte le disposizioni in materia di matrimonio e coniugio (salve solo le eccezioni esplicitamente citate dal secondo periodo della norma stessa), con la finalità di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile.
L’art. 19 della L. 74/1987 è una disposizione che – disciplinandone le cause di scioglimento – si riferisce espressamente al matrimonio. Tale disposizione, inoltre, non rientra nel novero delle eccezioni citate dal secondo periodo dell’art. 1, comma 20 della L. 76/2016. Ne consegue che le disposizioni recate dall’art. 19 della L. 74/1987 in materia di matrimonio possono applicarsi anche all’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Tanto premesso, si osserva che l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa – disposta dall’art. 19 della L. 74/1987 – si applica anche agli accordi di negoziazione assistita di cui all’art. 6del D.L. 132/2014, in virtù della parificazione ex lege degli effetti dell’accordo aiprovvedimenti giudiziali di separazione e di divorzio, sempreché dal testo dell’accordo medesimo – la cui regolarità è stata vagliata dal Procuratore della Repubblica – emerga che le disposizioni patrimoniali, contenute nello stesso, siano funzionali e indispensabili ai fini della risoluzione della crisi coniugale (cfr. risoluzione 65/E/2015dell’Agenzia delle Entrate).

L’art. 1, comma 25 della L. 76/2016 stabilisce che, con riferimento allo scioglimento dell’unione civile, «Si applicano, in quanto compatibili, […] le disposizioni di cui al Titolo II del libro quarto del Codice di procedura civile ed agli articoli 6 e 12 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132», e dunque le norme relative agli accordi di negoziazione assistita. Considerato che, come già detto, l’art. 1, comma 20 della L. 76/2016 estende alle parti dell’unione civile le disposizioni che si riferiscono al matrimonio, ovunque esse ricorrano e, in particolare, anche «negli atti amministrativi», si ritiene che i chiarimenti forniti nella citata risoluzione 65/E/2015 si applichino anche con riferimento allo scioglimento dell’unione civile.

Alla luce di quanto sopra, la norma recata dall’art. 19 della L. 74/1987 – la quale esenta dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio – trova piena applicazione con riferimento agli accordi di negoziazione assistita di cui all’art. 6 del D.L. 132/2014 stipulati in relazione allo scioglimento dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Con riferimento allo specifico caso prospettato, peraltro, si evidenzia come la descrizione della fattispecie contenuta nell’istanza sia estremamente sintetica e generica, avendo i contribuenti semplicemente fatto riferimento a «due operazioni di compravendita (ovvero permuta) relative a beni immobili», previste «quali condizioni economiche dell’accordo separativo». Al riguardo, pertanto, si ribadisce quanto precisato dalla citata risoluzione 65/E/2015, e cioè che l’applicazione dell’agevolazione prevista dall’art. 19 della L. 74/1987 è subordinata alla circostanza che le disposizioni patrimoniali contenute nell’accordo di negoziazione assistita, per le quali si invoca l’esenzione tributaria, siano direttamente funzionali e indispensabili ai fini della risoluzione della crisi del rapporto coniugale. Tale circostanza non può comunque essere valutata in sede di interpello ex art. 11 della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), poiché ha ad oggetto non un aspetto interpretativo della norma tributaria bensì un apprezzamento del fatto concreto, e sarà conseguentemente accertata dall’Amministrazione finanziaria in sede di controllo.” 

4.     La risoluzione:

In conclusione, dal momento in cui le parti intenderanno rivolgersi ai legali per essere assistiti in una negoziazione assistita, potranno stabilire e obbligarsi a cessioni o acquisti di diritti reali, per poi rivolgersi per la stipula ad un notaio, che dovrà prendere atto dell’esenzione fiscale di cui sopra, già ratificata dall’Ufficio di Procura ovvero dal Presidente del Tribunale.

Nel caso le parti vogliano concludere invece un negozio immediatamente traslativo dei diritti reali tra loro, dovranno rivolgersi necessariamente al Tribunale , in quanto la Suprema Corte, a Sezioni riunite, ha stabilito i seguenti principi di diritto (sentenza n.21761/2021) (: “sono valide le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano a uno o a entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d’udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l’omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l’attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore  verifica circa l’intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.)

Firenze, 2 novembre 2022

Fernando Prodomo