Legge 241/1990: è possibile ottenere dall’agenzia delle entrate gli estratti conto bancari negati dal giudice ordinario in sede civile.

Legge 241/1990: è possibile ottenere dall’agenzia delle entrate gli estratti conto bancari negati dal giudice ordinario in sede civile.

  1. La sentenza del Consiglio di Stato n. 4/2021 del 18/03/2021
  2. Una trattativa di acquisto di un immobile da parte di una società conduttrice dello stesso immobile: il Caso di Studio
    2.1 I documenti richiesti
  3. Il provvedimento di rifiuto
      3.1 Altre motivazioni per cui è stato rifiutato l’accesso agli atti
  4. Le motivazioni di accoglimento del TAR a seguito del ricorso contro il provvedimento di diniego
    4.1 I motivi di appello
  5. I principi di diritto a cui uniformarsi affermati dal Consiglio di Stato

 

1.     La sentenza del Consiglio di Stato n. 4/2021 del 18/03/2021

Merita una segnalazione la sentenza del Consiglio di Stato n. 4/2021 del 18.03.2021 che attraverso l’accesso agli atti di cui alla L. 241/1990 presso l’Agenzia delle Entrate e non direttamente alle Banche,  permette di ottenere gli estratti conto bancari relativi ad una operazione negoziale di tipo civilistico e in una situazione di controversia di procedimenti di tipo giudiziale, a prescindere dalle norme procedurali in materia di acquisizione delle prove (ad es. l’ordine di esibizione ai sensi dell’art. 210 cpc).

2.     Una trattativa di acquisto di un immobile da parte di una società conduttrice dello stesso immobile: il Caso di Studio

La questione aveva per oggetto una trattativa per l’acquisto da parte della società G Srl di un immobile condotto dalla stessa società in locazione, trattativa che non andava a buon fine in quanto i soci della società proprietaria dell’immobile avevano ceduto le proprie quote ai rispettivi consorti e ad altre società collegate.

La cessione veniva contestata davanti al Tribunale dalla società G, perché la cessione avrebbe simulato una vendita, realizzata allo scopo di sottrarsi al diritto di prelazione e di riscatto del conduttore di immobile commerciale (Art. 38 e 39 della L. 329/1978).

       2.1 I documenti richiesti:

Pertanto la società G presentava una richiesta di accesso, per ottenere la copia di alcuni documenti relativi alla posizione fiscale dei contro interessati e poterli elaborare nel processo civile.

Nel chiedere copia dei documenti notarili o del commercialista (specificamente indicati), chiedeva per ciascuno dei già accennati atti:

1)     Copia dei movimenti bancari ovvero degli assegni bancari con i quali era stato effettuato il pagamento;

2)     Copia della dichiarazione dei redditi del cedente;

3)     Modello F24 da cui risulta il pagamento dell’imposta sostitutiva sulla cessione.

3.     Il provvedimento di rifiuto:

È anche significativo segnalare che la stessa documentazione era stata oggetto di richiesta di molteplici ordini di esibizione ai sensi dell’art.  210 c.p.c. nell’ambito dei sopracitati giudizi (anche in sede cautelare), richieste che venivano sempre respinte per varie motivazioni tra cui la ritenuta “irrilevanza”, “tardività” e “irritualità”.

Più precisamente il provvedimento di rifiuto (11 giugno 2019) anche sul piano amministrativo era fondato su alcuni precedenti del Consiglio di Stato (sent. n. 3461 del 13 luglio 2017 e n. 2472 del 14 maggio 2014 IV sezione) che affermavano che la “possibilità di acquisire al di fuori del processo documenti amministrativi dei quali una delle parti intenda avvalersi in giudizio, costituisce un’elusione non consentita delle norme sull’acquisizione delle prove ed una lesione del diritto di difesa “. 

In questo caso, sempre secondo il provvedimento contestato, l’accesso a un documento si potrebbe ritenere “indispensabile” ai fini della difesa “solo quando fosse impossibile acquisirlo per mezzo di strumenti processuali tipici già previsti dall’ordinamento”.

       3.1 Altre motivazioni per cui è stato rifiutato l’accesso agli atti:

Ulteriori motivazioni del provvedimento citato a fondamento del rifiuto all’accesso agli atti sono:

“i documenti a lei (ndr. Amministrazione) trasmessi nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali di vigilanza e controllo in materia finanziaria e tributaria, sono sottratti all’accesso per ragioni di tutela della riservatezza del soggetto a cui afferiscono (sarebbero accessibili “solo in presenza di un rapporto di stretta indispensabilità dei documenti richiesti per l’esercizio del diritto di difesa”);

si tratterebbe comunque di una istanza esplorativa e come tale non accettabile, perché finalizzata non ad accedere a specifici documenti, ma a verificare se essi esistano o no.

4.    Le motivazioni di accoglimento del TAR a seguito del ricorso contro il provvedimento di diniego:

Con la sentenza del 20 marzo 2020 il Tar accoglieva il ricorso della società conduttrice contro il provvedimento di diniego con le seguenti motivazioni:

a)     In primo luogo il TAR non può valutare l’effettiva utilità dei documenti richiesti, ma dovrebbe solo valutare “l’attinenza tra i documenti e l’istanza che il richiedente intende tutelare;

b)    In secondo luogo (entrando nel merito) il TAR ha rilevato che non è contestabile l’esistenza di una attinenza tra i documenti richiesti con l’istanza e l’interesse tutelato dalla società ricorrente al fine di far accertare il carattere simulato della cessione delle quote.

c)     Dopo aver premesso queste considerazioni, il Tribunale ha fatto un bilanciamento degli interessi coinvolti e in ordine logico ha dato atto di condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui anche le comunicazioni relative ai rapporti finanziari di cui all’art. 7 del D.P.R 605 del 1973 costituiscono norme sul diritto di accesso e con questi termini ha affermato che l’interesse alla difesa della parte istante prevale sull’interesse alla riservatezza delle persone a cui i documenti si riferiscono e che trattandosi di dati di natura economica non vi è l’esigenza di evitare la divulgazione di dati sensibili o giudiziari.

Contro tale sentenza veniva proposta impugnazione da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei nuovi soci.

       4.1 I motivi di appello:

In sintesi sono 3 i motivi di appello:

1)     Il diritto di accesso non sarebbe applicabile al caso di specie dovendo far valere solo la normativa del codice di procedura sulla acquisizione delle prove e sull’ordine di esibizione;

2)     I presupposti per l’accesso non sarebbero dimostrati (non sarebbe chiarito come sarebbe dimostrabile la simulazione)

3)     In ogni caso l’accesso dovrebbe essere negato trattandosi di dati sensibili

5.     I principi di diritto a cui uniformarsi affermati dal Consiglio di Stato:

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), rimetteva la causa alla IV sezione del Consiglio di Stato per le conseguenti determinazioni affermando i seguenti principi di diritto a cui uniformarsi:

1)             In materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7 della L. 241 del 1990 non è sufficiente nell’istanza di accesso, un generico riferimento a non precisate esigenze probatorie e difensive (l’accoglimento dell’istanza è subordinato ad un “rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare”)

2)            La pubblica amministrazione in possesso del documento e il giudice amministrativo entrato nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a non deve invece svolgere alcuna spontanea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato. Questo perchè un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria che si occupa della questione (salvo il caso di una evidente assoluta mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive).